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Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio. Federico Fellini

Edward mani di forbice

La neve cade copiosa dal nero cielo notturno, e nel caldo casalingo una tenera bambina, sprofondata in uno sproporzionato lettone, chiede alla nonna il perché la neve cada. Comincia così, con una atmosfera fiabesca, il racconto della donna di una triste storia, magica per certi versi, ma tremendamente reale per altri.
Tutto ha inizio quando un vecchio inventore (Vincent Price), alle prese con macchine esageratamente complesse atte a rompere un uovo o cuocere dei biscotti, decide che sia giunto il momento per gettarsi in progetti più ambiziosi: è così che crea un uomo in carne ed ossa, con un suo cervello, un suo cuore, una sua anima. Un uomo completo di tutto, eccetto che delle proprie mani. La morte improvvisa ha infatti colto l’inventore un attimo prima che egli dotasse la sua creatura di veri e propri arti, lasciandolo così con due curiosi bouquet di lame. Di forbici, per la precisione.
Edward, è questo il nome che gli fu dato, rimane da solo, chiuso in un tetro castello gotico ai piedi del quale sorgeva un classico e piatto quartiere suburbano, uguale a centomila altri. Ma giunge infine il giorno in cui Edward abbandonò la sua isolata e solitaria residenza.
Peg (Dianne Wiest), una venditrice porta a porta di cosmetici Avon, alla disperata ricerca di clienti, si spinge oltre le inviolate colonne d’Ercole che cingono il castello e vi entra. L’impatto con l’impacciato e timidissimo Edward non è semplice per nessuno dei due, ma forte del suo buon cuore e della convinzione che il mondo necessiti di più altruismo, Peg salva Edward dalla solitudine e lo invita a vivere nella sua casa.
La vita in provincia, dove l’omologazione al prossimo è la virtù prima, per Edward, emblema del Diverso con quelle sue assurde mani armate, non sarà mai facile. La reazione della comunità nei confronti del curioso nuovo venuto non tarda a palesarsi: tutti infatti vogliono conoscere l’uomo con le mani di forbici, ed approfittare delle sue straordinarie abilità. Edward, infatti, si rivela un formidabile parrucchiere, potatore, tosatore. Egli eccelle in qualunque attività in cui possa sfruttare l’innata manualità con le lame e dimostrare la sua immensa creatività. Già alle prime inevitabili incomprensioni però, si evidenzia subito come le masse siano allergiche alla diversità: si comincia col dubitare, si passa al diffidare, si finisce con l’isolare. L’ostracismo è la soluzione definitiva.
Assolutamente funzionale ai bisogni tematici, la scenografia ha rappresentato un punto focale per Tim Burton: da semplice sfondo, tutti gli elementi che in altre produzioni fanno solo da contorno all’atmosfera, qui prendono vita e trasmettono messaggi: ampie strade desertiche, giardini totalmente spogli, residenze tutte uguali color pastello sgargiante, finestre piccolissime (scelta stilistica per suggerire un senso di paranoia). Burton ha dato vita ad un piccolo mondo atemporale ed aspaziale, quasi finto nella sua estremizzazione del qualunquismo di massa. Tutto è uguale a se stesso, e nulla è fuori dalle righe. L’unico neo in questa apatica ed omogenea comunità è Edward. Antidoto alla piattezza, le sue siepi scultoree sono opere d’arte che colorano un disegno altrimenti grigio. Per la città passeggiano cani da lui tosati, che rendono orgogliosi i loro padroni da lui pettinati. Edward è una creatura visionaria: eclettica, timida, quando può dare sfogo alla sua creatività si trasforma in un grande artista. Gli utensili della sua arte sono le ambivalenti forbici: armi da un lato, taglienti e distruttive, si trasformano nel più dolce pennello nelle mani di un anacronistico pittore. Edward rappresenta il genio, spesso incompreso dai più. Colui che va controcorrente seguendo la sua strada, e con essa si allontana fra gli sguardi indifferenti e un po’ stupiti della gente comune.
Edward mani di forbice rappresenta anche un’opera autobiografica. Tim Burton ha spesso affermato come da piccolo abbia avuto molti problemi a farsi delle amicizie, soprattutto a causa di una certa incomunicabilità con gli altri bambini. Era come se tutti lo evitassero, si sentiva diverso ed isolato. E da ciò nasce il personaggio di Edward, un timido uomo incapace di avvicinare altre persone senza rischiare di far loro del male, ma al tempo stesso dotato di un grande animo, e una grandissima voglia di amare.
Grande interpretazione dell’intero cast, fra i quali poi spiccano il grande amico di Tim Burton, Johnny Depp, che interpreta un trasognato Edward, con quel suo perenne sguardo intimorito come se si trovasse catapultato in una realtà che non gli compete, e la bravissima Dianne Wiest, già vincitrice di due statuette d’oro agli Academy Awards, la cui interpretazione dell’esteta Peg è assolutamente impeccabile.
Senza dubbio il capolavoro più riuscito di quel geniale regista che è Tim Burton.
Stupendo.

Consigliato: consigliatissimo.
Voto: 9

Oscar 2009: I vincitori

Si è conclusa l'attesissima Notte degli Oscar 2009, che non ha riservato particolari sorprese: è stato The Millionaire di Danny Boyle a conquistare i premi più ambiti. Ben otto le statuette che il film porta a casa: miglior film, regia, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, canzone, suono, colonna sonora. La pellicola ha battuto dunque Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, che pure aveva fatto incetta di nomination (tredici), e che comunque vince premi tecnici, come scenografia e trucco.

Nella categoria miglior attore e migliore attrice hanno trionfato rispettivamente Sean Penn (Milk) e Kate Winslet (The Reader). Mentre è stato assegnato allo scomparso Heath Ledger l’Oscar per il migliore attore non protagonista. La migliore attrice non protagonista è risultata Penelope Cruz (Vicky Cristina Barcellona).



Eccovi tutti i vincitori degli Oscar 2009:


Miglior film: The Millionaire

Miglior regia: Danny Boyle (The Millionaire)

Miglior attore protagonista: Sean Penn (Milk)

Miglior attrice protagonista:Kate Winslet (The Reader)

Miglior attore non protagonista: Heath Ledger (Il Cavaliere Oscuro)

Miglior attrice non protagonista: Penelope Cruz (Vicky Cristina Barcellona)

Miglior sceneggiatura originale: Dustin Lance Black (Milk).

Miglior sceneggiatura non originale: Simon Beaufoy (The Millionaire)

Miglior Fotografia:Anthony Dod Mantle (The Millionaire)

Miglior Montaggio:Chris Dickens (The Millionaire)

Miglior Colonna sonora: A.R. Rahman (The Millionaire)

Miglior Canzone Originale: “Jai Ho” — The Millionaire, A.R. Rahman, Gulzar

Miglior film d’animazione: Wall-E

Miglior Scenografia: Donald Graham Burt, Victor J. Zolfo (Il Curioso Caso di Benjamin Button)

Migliori Costumi: Michael O’Connor (La Duchessa)

Migliore Make up: Greg Cannom (Il Curioso Caso di Benjamin Button)

Migliori Effetti speciali: Eric Barba, Steve Preeg, Burt Dalton and Craig Barron (Il Curioso Caso di Benjamin Button)

Miglior Montaggio effetti sonori: Il Cavaliere Oscuro — Richard King (Il Cavaliere Oscuro)

Miglior Sonoro: Ian Tapp, Richard Pryke and Resul Pookutty (The Millionaire).

Miglior film straniero: Departures (Giappone)

Miglior Cortometraggio d’animazione: La Maison en Petits Cubes, A Robot Communications Production, Kunio Kato

Miglior Documentario: Man on Wire (Magnolia Pictures), A Wall to Wall Production, James Marsh and Simon Chinn

Milgior Cortometraggio: Spielzeugland (Toyland) — A Mephisto Film Production, Jochen Alexander Freydank

Miglior Corto documentaristico: Smile Pinki — A Principe Production, Megan Mylan

Sweeney Todd

All'origine di un film di Tim Burton c'è quasi sempre un disegno. Questo disegno è spesso la raffigurazione di un personaggio che è insieme creativo e distruttivo e che ha bisogno per agire di protesi meccaniche o di oggetti che alterano la sua capacità fisica. Se le mani di forbice di Edward sono l'esteriorizzazione simbolica della sua incapacità interiore di toccare, se gli occhiali di Ichabod esprimono il tentativo di un razionalista di 'vedere meglio' un avversario senza testa, i rasoi di Sweeney Todd sono "gadget da guerra" mutuati da Batman per vendicare la perdita delle persone amate. Come l'eroe pipistrello di Bob Kane, il barbiere gotico di un anonimo autore inglese (probabilmente più di uno) indossa una "maschera" e ha una personalità divisa, dissociazione risolta con l'espediente della duplice identità: Batman/Wayne, Todd/Barker. Diversamente dal mostruoso e incolore personaggio letterario, assassino senza ragione, il protagonista di Burton è prossimo al barbiere musicale di Stephen Sondheim. Sweeney Todd si muove alla volta di Londra introdotto, anticipato e avvolto dalla musica, da un'aria che disegna il paesaggio acustico della sua anima, desiderosa di esorcizzare la realtà tragica attraverso il canto.
Sweeney Todd è un musical ma non si esaurisce nel musical. La sua dimensione musicale non è sovrimposta forzatamente alla storia ma come nell'opera è costitutivamente innestata nel protagonista, dal quale si dipana una linea melodica struggente, un requiem che spaventa perché carico di sventure e presagi. Il diabolico barbiere di Fleet Street nasce dal buio melodrammatico di un ouverture e a quel buio ritorna, cercando, e finendo sempre per perderla, la conciliazione con il dolore. Il mostro consapevole della propria origine è interpretato dal pallore sagomato di Johnny Depp nel quale convivono, senza risolversi, l'anima diurna e quella notturna. Il suo Figaro sanguinario è una combinazione di oscurità e luce, un dandy malinconico e risentito che cerca ostinatamente di vendicarsi, finendo per trasformarsi in un'omicida psicopatico quanto il suo irriducibile nemico, senza il quale, del resto, non esisterebbe.

La Londra tenebrosa e vittoriana di Dante Ferretti è il riflesso architettonico del protagonista, è una città deliberatamente artificiale, ricostruita in studio e sprofondata nel nero fotografico di Dariusz Wolski. Se Batman è il guardiano dell'ordine civile, che veglia sulla sua città, Sweeney Todd è un disadattato che produce caos e violenza, spargendo sangue senza risparmio nella bottega di Fleet Street. In Sweeney Todd c'è tutto Burton: c'è la fatale attrazione verso quanto di più oscuro, malato e innominabile rende il mondo più affascinante di una fiaba. C'è la cartoonizzazione della messa in scena, la stilizzazione espressionistica e la deformazione grottesca, c'è lo stupore e l'insensatezza, il terrore e il cattivo odore della civiltà e del mondo degli adulti, ancora una volta contrapposto a quello dei fanciulli, c'è la vertigine e la violenta epifania. C'è la maschera di Johnny Depp, che invece di azzerare la performance dell'attore "messo in musica", libera il suo talento interpretativo: famelico, pericoloso e selvaggio. Un attore totale che non lascia mai nulla inespresso, anche se doloroso, anche se incolmabile.
Maestoso.

Consigliato: eccome.
Voto: 8,5

Cooming Soon

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