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Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio. Federico Fellini

Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba

In un abbacinante, glaciale bianconero, il film si apre e si chiude in cielo, mentre risuonano dolci melodie sentimentali. All'inizio ("Try a Little Tenderness") un bombardiere nucleare solca le nubi; alla fine un fungo atomico s'innalza e invade lo schermo, e la voce di Vera Lynn intona "We'll Meet Again" ("Non so dove, non so quando, ma c'incontreremo di nuovo, in un giorno di sole").
Stanley Kubrick, certamente uno dei registi più geniali della storia del cinema, taglia corto con un'opera strepitosa per intelligenza, sofisticazione e bellezza, che in un'epoca di transizione tra la guerra fredda e la 'nuova frontiera' kennediana pone il problema centrale facendo leva sulla coscienza popolare. La domanda è la seguente: e se un cretino, o un pazzo, o un tale dotato di entrambi gli attributi, si prendesse la briga di mettere in moto il meccanismo sterminatore (mentre i russi ne stanno approntando uno analogo, denominato allegramente "Fine del Mondo"), cosa cosa potrebbero fare i potenti della Terra per impedire l'estinzione della razza umana? Ben poco o nulla. Sguinzagliati i bombardieri atomici, non c'è speranza di richiamarli se non con la chiave cifrata incisa nella testa del matto. Il presidente non può far altro che avvertire il suo collega del Kremlino perché abbatta gli aggressori americani. Ma uno di essi sfugge alla distruzione e felicemente compie l'agognata missione.
Così impostata la vicenda da una sceneggiatura perfetta, Stanley Kubrick la conduce al suo inevitabile epilogo, che è appunto la fine del mondo. Poiché il centro focale del film è la troppa razionalità della scienza in balia dell'irrazionalità dell'uomo. Se da un lato il cineasta non cela ammirazione per le computeristiche meraviglie della tecnica (che inquadra da vicino con precisione maniacale), dall'altro deve fare i conti con chi ha l'autorità di maneggiare a sua discrezione strumenti così delicati e letali. "La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai Generali". E qui il Generale in questione si chiama addirittura Jack D. Ripper, che poi vuol dire Jack Lo Squartatore...
Ed ecco la scelta dell'umorismo nero quale ultima ratio per trattare il tema intrattabile, senza prediche moraliste o denunce astratte. Attraverso la deformazione comica e persino farsesca, attraverso lo scatenamento paradossale ma irrefrenabile di un'idiozia che si fa autodistruzione, "Il Dottor Stranamore" (ovvero "come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba" recita il titolo) punta con gelida angoscia al cuore del pericolo, spazzando via, l'uno dopo l'altro, i fumi della propaganda ideologica. Così l'enorme cartello che spicca sul laboratorio militare annuncia a lettere chiarissime "la pace è la nostra professione" proprio mentre è in corso un massacro intestino. Così l'antica marcetta sudista "When Johnny Comes Marchin' Home Again" esplode radiosa tra l'equipaggio dell'aereo che non farà mai più ritorno a casa.
La base militare, il bombardiere e il salone di guerra del Pentagono sono i tre luoghi deputati, nessuno dei quali è praticamente in contatto con gli altri. Ogni tentativo di rapporto è aleatorio, ciascuno è un comparto stagno, gli uomini non comunicano tra loro mentre il tempo orribilmente stringe. Le scenografie dei tre ambienti - realistiche le prime due, espressionista la terza con la sua ferrea geometria a luci ed ombre - rappresentano tutte una diversa ma convergente forma di alienazione collettiva. Il film ha una struttura tanto più solida e reale, quanto più grottescamente infuria la più macabra e micidiale delle fantasie.
Alla base aerea attrezzata come la NASA, lo "squartatore" truce (Sterling Hayden) emette concetti psicolabili come il fumo del suo sigaro. Lui sa a chi dar la colpa della propria impotenza: ai comunisti che gli hanno inquinato i "fluidi vitali". Invano un suo mite sottoposto inglese (Peter Sellers) cerca di ridurlo alla ragione: il Generale ha dato il via all'attacco atomico, non molla il cifrario di richiamo, con la mitragliatrice accoglie il presunto nemico entrato nel campo, finalmente la sua ossessione lo porta al suicidio. Il Maggiore della RAF scopre per caso la famosa "chiave" ma fatica a telefonare al Presidente perché gli mancano gli spiccioli che un altro ebete sopraggiunto (Keenan Wynn) esita a raccogliere da un distributore di Coca-Cola.
Come Generale, il "Falco" del Pentagono (George C. Scott), frustrato nel convegno intimo con la segretaria, non è da meno del suo collega della base. In lui la paranoia anticomunista sembra più lucida, ma lo sguardo demente e la disinvoltura con cui calcola morti previsti a decine di milioni lo smentiscono perfino agli occhi del Presidente degli Stati Uniti (ancora Sellers) che, ignaro di tutto, nella sala della guerra tenta di salvare la pace convocando l'ambasciatore russo e attaccandosi al filo diretto per un esasperante e buffissimo dialogo con l'amico Premier, sbronzo in bordello sovietico. Ma il Falco non demorde, e attinge la sfera del sublime nel momento in cui realizza che un suo aereo sta volando indisturbato verso la mèta: con quale brio, allora, ne mima le evoluzioni fatali!
Quanto al comandante del B-52 (che il trasformista Sellers era già pronto a impersonare, cedendo poi il ruolo al caratterista western Slim Pickens), è un cowboy texano, intrattenibile rodomonte che inforca la bomba come un cavallo e, agitando il suo cappellaccio in segno di esultanza, si precipita sull'obbiettivo come nell'orgasmo più riuscito.

Consigliato: capolavoro, un must per i fan di Kubrick, un film che fa riflettere tutti.
Voto: 9,5

1 commenti:

woooo bellissimo questo film!!! davvero un grande capolavoro.. il grandissimo Kubrick ci regala ancora una vota un immenso film, aiutato (e non poco) da un Sellers che fa scintille da quanto è bravo.
bellissimo.

*Asgaroth

 

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