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Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio. Federico Fellini

Addio Michael Jackson


Michael Jackson, la più grande icona del pop americano, uno dei personaggi più controversi della sua generazione, è morto improvvisamente la notte del 26 giugno a Los Angeles, ad appena 50 anni, lasciando l'America trafitta da mille emozioni e in stato di shock. Le sue canzoni, leggendarie, sono state il punto di riferimento di tre generazioni. Il suo album più famoso "Thriller", del 1982, resta il disco più venduto del mondo: diventò il simbolo dell'America travolta dalla rivoluzione reaganiana. Un'America pervasa sul piano culturale da un senso di liberazione e di rottura che trova un precedente solo negli anni Sessanta e nell'isteria contagiosa che riuscivano a propagare i Beatles. Thriller e Jackson con il suo passo di danza al rallentatore, il Moonwalking, diventarono il punto di riferimento di una società in trasformazione e di un momento magico per la creatività artistica, per la vita notturna, per la nascita di quartieri come Soho a New York. Erano ancora i tempi di Studio 54, di Xenon, di Regine's, del jet set internazionale, di Andy Warhol, di Ian Schrager e di Steve Rubell e del "disco".

Per quanto riguarda la filmografia che lo riguarda sono da ricordare:

1986 - Captain EO
1988 - Moonwalker
1991 - Dangerous - The Short Films
1997 - Ghosts
2002 - Men in Black II (comparsa)
2004 - Miss Cast Away (comparsa)

Jumper

Ciò che mi chiedo spesso guardando film sui supereroi è perché essi non decidono mai di usare i loro poteri come comfort piuttosto che per salvare il mondo. Ed è proprio da un presupposto simile che sembra partire Doug Liman per il suo nuovo film, che cerca di raccontare la vita e le opere di un ragazzo con dei superpoteri e i pro e i contro della situazione, mischiando il tutto con l'avventura adolescenziale che tanto attira il pubblico. Ma vanifica gran parte degli spunti e delle occasioni presenti.
Scritto da David S. Goyer, Jim Uhls e Simon Kinberg, da una serie di romanzi di Steven Gould, "Jumper" è un thriller fantascientifico con molta azione che potrebbe diventare anche una saga sul Bene e il Male dopo l'11 settembre ma che si ferma alla tipica serie B per "ragazzini ormonali". Ambientato in mille parti del mondo (con lunga sequenza al Colosseo), ma senza che si capisca mai fino in fondo dove siamo, il film sembra un po' un epigolo di "Heroes" che parte come una commedia giovanile dai tocchi fantastici, in cui si poteva descrivere bene le gioie e i pregi della diversità, per diventare un racconto d'avventure sci-fi che virano verso il fantasy proprio nel momento in cui entrano i Paladini (coloro che cacciano i 'Jumper'), branca deviata e religiosamente fanatica, che auspica l'oppressione al libero pensiero, visto come un'offesa a Dio (così come l'onnipresenza).
E' soprattutto per la quantità e qualità di spunti e materiale che non si capisce la scadente riuscita del film (dopo il discreto prologo), semplicistico e manicheo, lento nella sua confusione narrativa e che ha il difetto principale di non creare un mondo, di non costruire una mitologia degna del nome, di non sviluppare i mille risvolti della storia di Steven Gould, dalla lotta millenaria tra dio e ragione, libertà e oppressione, fino alla saga familiare, tralasciando persino le elementari regole della serialità anche cinematografica.
In un parola: CONFUSO, nella costruzione, negli sviluppi narrativi, nelle semplici strategie di racconto, per non parlare dello svolgimento tanto frenetico e incomprensibile da perdere i nessi logici e temporali. Generando lentezza, e danneggiando una regia comunque non in grado di reggere il ritmo, di tappare i buchi di script, né di gestire con un minimo di competenza la delicata ed estremamente affascinante materia narrativa, fallendo completamente il gioco geometrico dello sguardo e dell'azione.
In questo pasticcio livellato verso il basso e la stupidità, sembra davvero troppo chiedere ai ragazzi ingaggiati come attori di sollevare il livello: non può Hayden Christensen, abbastanza patetico se non ha l'aura di Anakin Skywalker, né Rachel Bilson, ragazzina spigliata e poco più. Ci prova un po' Jamie Bell, e soprattutto Samuel L. Jackson, ma è davvero troppo poco.
Concludendo rimane l'amarezza nel comprendere un' altra volta ancora che troppo spesso ormai buoni spunti e idee vengono realizzate con scarso interesse per i contenuti, dando invece più spazio all'aspetto visivo e agli effetti speciali, che però non a tutti bastano. Peccato.

Consigliato: rilevanti solo gli effetti speciali.
Voto: 5

Alvin Superstar


Tim Hill, regista di "Garfield 2" (e anche di un film con i Muppet), costruisce un lungometraggio diretto ai più piccoli, aggiornando le vicende dei tre scoiattoli (che risalgono originariamente al 1958) e inserendo alcuni numeri musicali che forse riescono a intrattenere anche gli adulti. Jason Lee è simpatico nel ruolo dell'eterno sognatore Dave, e la realizzazione degli scoiattoli è realmente accattivante e ben riuscita. Come tutti i film di questo genere, però, i valori fondamentali vengono espressi attraverso le situazioni che vedono coinvolti i protagonisti, e qualche banalità finisce per affiorare. Bisogna comunque tenere conto che la semplicità spesso è molto difficile da trasferire. Alvin Superstar, è un film veramente per bambini, caso raro di questi tempi in cui le major realizzano film di animazione a più livelli per coinvolgere un pubblico sempre più vasto, e recupera dei personaggi che, anche nel piccolo, hanno segnato i tempi.

Consigliato: interessante come film per bambini
Voto: 4,5

La Setta delle Tenebre

Si pù notare benissimo come "La setta delle tenebre" mostri già nel prologo i propri, pochi, punti cardine. Una mancata scena di sesso lesbico e l'affascinante protagonista nei panni di una vampira vendicativa compongono un film basato quasi esclusivamente su contesti lussuosi, dove il sesso sanguinolento sembra solo uno dei giochini di un'altoborghesia annoiata.
Alla perversione dei contenuti tipica degli ultimi horror contemporanei, però, non fa da controparte una messa in scena altrettanto sporca, e capace di dare un tocco di relativa novità a un film di genere. Siamo lontani anni luce dalla materia grezza con cui Rob Zombie ci mostra l'orrore: se Zombie neanche tanto velatamente porta lo spettatore a farsi cosciente del proprio ruolo perverso, La setta delle tenebre, con le sue immagini laccate e televisive, è un horror che non disturba, non inquieta e non fa paura.
Grazie a una cultura di genere, sui vampiri sappiamo già tutto, le sequenze dunque si precedono e gli effetti di flashback non possono che risultare pleonastici. Privo del coraggio di spingere ancora più a fondo sulle sue perversioni, La setta delle tenebre resta sulla superficie, non riesce a coinvolgere lo spettatore fino in fondo in una storia di cui si conosce già la conclusione.
Per concludere, in un film decisamente di basso livello, fondato principalmente sulla figura della sua interprete principale, resta persino il dubbio che Lucy Liu non sia proprio l'attrice più adatta per quel ruolo.

Consigliato: no
Voto: 3,5

Across The Universe

I Beatles.. quattro ragazzi, un nome, un mito.
Ma non sono loro i veri protagonisti di "Across The Universe", la pellicola diretta dalla talentuosa Julie Taymor, ma bensì le loro canzoni.
Dopo i discreti "Frida" e "Titus", la Taymor ci regala questo potente miscuglio di immagini psichedeliche sullo sfondo di una stravagante ma profonda storia d'amore.
Across The Universe non è quindi un film sui Beatles, ma raccontato dai Beatles, ed è proprio ciò che lo rende così originale e creativo.
Un "Moulin Rouge" del '68, così si può definire. Nessuna critica, il film di Luhrmann è stato talmente innovativo che merita seguaci, e ben vengano. Julie Taymor ritorna con la classica squadra di collaboratori (compositore, costumista, effetti speciali) per mostrare al pubblico la sua personalissima visione del mondo. Potrà piacere o non piacere, ma di certo non lascia indifferenti, come non possono, per forza storica, lasciare indifferenti le canzoni dei Beatles, filo conduttore di tutta la vicenda. Riadattate, reinterpretate (anche da Bono Vox degli U2), riarrangiate come se fossero metal rock o sinfonie rinascimentali, i testi e le musiche dei Fab Four valgono da sole un film come questo.
Al di là di un buon impianto scenico e degli interpreti giovani e talentosi, il film non ha una solida sceneggiatura ma, forse, non è un cruccio tanto grande visto che la pellicola non vuole mai essere realistica o coerente sotto un profilo narrativo. Rimangono le splendide invenzioni visive della regista, brava e originale, da cui tutti aspettiamo un film non solo visivo, ma anche di contenuti.
E' proprio vero: ALL YOU NEED IS LOVE.

Consigliato: assolutamente si, soprattutto per i fan dei Beatles.
Voto: 8

Cooming Soon

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