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Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio. Federico Fellini

Big Fish



Consigliato: Assolutamente si

"Big Fish is about what's real and what's fantastic, what's true and what's not true, what's partially true and how, in the end, it's all true."


"Big Fish parla di cosa sia reale e cosa fantastico, cosa sia vero e cosa no, cosa sia in parte vero e come, alla fine, sia tutto vero."

Tim Burton
 
 
Tim Burton è sempre Tim Burton. Stavolta però è IL Tim Burton per eccellenza.
Big Fish è la storia delle avventure di un uomo piccolo e grande, finto e reale, e sicuramente dotato di quel pizzico di geniale fantasia che lo identifica con lo stesso regista; si, perchè Edward Bloom è come Tim. Una vita intera vissuta nel bellissimo sogno di storie meravigliose che si scontrano con la cruda realtà di una morte inevitabile, trasformata però anch'essa in qualcosa di eccezionale. Tutto ciò è ricoperto da un dolcissimo velo di tenerezza e ottimismo che fa stare benissimo.
Scenografie come al solito eccellenti, sempre diverse e originali, con quel pizzico di eccentricità tipicamente burtoniano.
Bravissimi tutti gli attori, da una sempre perfetta Helena Bonham Carter, che più viene resa orribile più sembra convincente e stupenda, a un Ewan McGregor coraggioso nel film e sul set, calato nel personaggio; da un divertente Steve Buscemi nel ruolo di un inconcludente poeta, ad una graziosa Alison Lohman che con questo film compie anche un bel salto di qualità nella sua carriera. Ma non lasciamo da parte Albert Finney, che interpreta Edward Bloom da giovane, che si dimostra capace di donare profonde emozioni pur recitando per l'intero film nel letto di casa; Poi c'è un simpatico Danny DeVito, capo strambalato di un circo da manicomio e poi il gigante col piede più grosso del mondo tanto da entrare nel Guinnes World Record (questo per davvero).
Insomma, una trama ben strutturata, bei dialoghi, magnifici personaggi, belle scenografie e uno stupendo uso della luce.
Un Big Fish per un Big Burton.

Voto: 9

Planet of the Apes - Il Pianeta delle scimmie (2001)


Consigliato: Tutto sommato si

Su questa pellicola si può dire molto, ma di certo non si può chiamarlo un brutto film. Ok, diciamolo subito: non è sicuramente un remake all'altezza del capolavoro originale, ma il solito, insensato tentativo di ricercare buchi nel copione (tipico di un pubblico insensibile e pretenzioso) dovrebbe essere lasciato da parte in favore di una ricchezza figurativa davvero eccellente.
E' vero che il film presenta qualche incongruenza (il fatto che centinaia di primitivi raggiungano esattamente lo stesso posto dopo solo tre giorni dall'arrivo dell'astronauta), ma sarebbe bello anche riflettere sulla tensione narrativa, invece che concentrarsi solo sul trucco di Estella Warren o la barba sempre rasata di Marky Mark. Non è un film ricco di simbolismo come "Sleepy Hollow", né un autoriale e autobiografico ritratto di un regista come "Ed Wood", ma, anche se non sembra, "Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie" è più che mai un lungometraggio di Tim Burton, anche se non il più riuscito. Con la macchina da presa e qualche suono effeicace, il regista riesce a far emergere la rabbia delle scimmie che, in misura maggiore rispetto al predecessore, sono quantomeno 'scimmische'. Basti pensare che tutti gli attori-scimmia hanno seguito un corso di addestramento di mesi in una 'Ape School'.
In definitiva siamo di fronte ad un buon film, non solo per il geniale finale, ma anche per l'approccio singolare con la cultura dei primati. La fotografia di Philippe Roousselot e le scenografia di Rick Henrichs si fondono per creare un'ambientazione al di fuori da ogni tempo e da ogni moda. Le musiche di Danny Elfman e i costumi di Colleen Atwood infondono un fascino tribale allla pellicola e le interpretazioni di Tim Roth e Paul Giamatti sono davvero soprendenti.
Consiglierei a chi giudica male questo film di riguardarlo cercando di non partire prevenuti e già influenzati, ci sono davvero molti spunti interessanti e decisamente godibili.

Voto: 6

L'esercito delle 12 Scimmie


Consigliato: Si

E' un futuro cupo, sporco e triste quello proposto da Terry Gilliam, regista dotato di notevoli doti visionarie, se poi ci aggiungiamo "sotterraneo", il mix è ancora meno invitante. Ma ciò che è preoccupante è che è un futuro e un mondo possibile, e questo probabilmente costituisce uno dei molteplici punti che il film vuole mostrare. Il virus, come nella maggior parte dei casi, è il pretesto per il quale il futuro è ciò che è.
Ma questo non è uno scontato film apocalittico, o meglio non solo; è un film che tocca diversi generi e diversi aspetti dell'animo umano, che indaga nel profondo la psicologia (e la salute mentale) dei diversi personaggi.
"Twelve Monkeys" si presenta come un puzzle dai pezzi sparsi un po' dappertutto e l'unica tessera di riferimento a cui il protagonista James Cole (Bruce Willis) dovrà aggrapparsi è una fantomatica organizzazione chiamata "Esercito delle dodici scimmie", coinvolta più o meno direttamente nella responsabilità del contagio. Pochi elementi che dovranno essere approfonditi tra un continuo andirivieni tra passato, presente e futuro che metteranno in discussione la già fragile percezione della realtà del protagonista, il quale arriva persino a credere di essersi immaginato tutta la vicenda. Un atteggiamento quello di Cole da animale braccato, perennemente in fuga dal suo tempo di provenienza e dalla polizia per il rapimento della dottoressa Reilly, in un mondo distopico e angosciante. Allo stesso tempo la scoperta del passato per Cole rappresenta un valore comunque molto alto, malgrado l'esperienza sia tutt'altro che piacevole: il solo vivere e vedere la luce del sole respirando l'aria a pieni polmoni mentre ascolta della musica, provoca in lui delle reazioni estasianti, come un bambino che entra in un negozio di giocattoli. In fondo sono cose molto semplici che noi diamo per scontato, ma per Cole è riscoprire dei piaceri ormai perduti, legati alla sua infanzia prima dell'epidemia.
Bruce Willis fa un deciso salto di qualità nella sua carriera d'attore offrendo probabilmente la sua migliore prova di attore: il personaggio di James Cole è molto diverso dalle sue precedenti prove, tutte incentrate nell'esprimere prima di tutto la fisicità dei personaggi a discapito dell'introspezione psicologica. La diversità di Cole sta nel manifestare la sua fragilità mentale e le sue insicurezze, e Willis riesce alla perfezione mostrando tutta una gamma di emozioni e sfumature finora nascoste dai vari stereotipi da action movie che aveva intepretato. Un film fortemente voluto dall'attore americano che ha creato un clima molto collaborativo col regista Terry Gilliam. Davvero un bel film.

Voto: 8

Bastardi senza gloria



Consigliato: Imperdibile

Primo anno dell'occupazione tedesca in Francia. Il Colonnello delle SS Hans Landa, dopo un lungo e mellifluo interrogatorio, decima l'ultima famiglia ebrea sopravvissuta in una località di campagna. La giovane Shosanna riesce però a fuggire. Diventerà proprietaria di una sala cinematografica in cui confluirà un doppio tentativo di eliminare tutte le alte sfere del nazismo, Hitler compreso. Infatti, al piano messo in atto artigianalmente dalla ragazza se ne somma uno più complesso. Ad organizzarlo è un gruppo di ebrei americani guidati dal tenente Aldo Raine i quali non si fermano dinanzi a niente pur di far pagare ai nazisti le loro colpe.
Ciò che Tarantino ci propone con "Bastardi senza gloria" è Cinema alla massima potenza.
Sarà la sua cultura enciclopedica, la sua sfrenata passione per il vero cinema di genere, la sua bravura nel farlo rivivere rendendolo più moderno, la sua regia sempre accattivante, la sua ossessione per la ricchezza dei particolari; insomma Quentin ha proprio fatto centro, di nuovo.
Questa volta si prende anche il lusso di riscrivere la Storia ufficiale con un attentato a Hitler, cosa che avviene nell'unico luogo in cui il regista americano può pensare si possa attuare una giustizia degna di questo nome: una sala cinematografica. È solo al cinema che i cattivi muiono quando devono e gli eroi si sacrificano o trionfano.
I tempi, i dialoghi, la tensione, l'ironia ben giocata con le lingue differenti, tutto contribuisce a fare di questa pellicola un grande gioiello i cui riferimenti vanno ampiamente al di là di quelli classici dichiarati, quali Sergio Leone e lo spaghetti western.



Straordinaria prestazione da parte di tutto il cast, dal sempre sopra le righe Brad Pitt al brillante Eli Roth (più conosciuto come regista dei due Hostel), che mostra ampiamente le sue capacità come attore, da una perfetta Diane Kruger a Mélanie Laurent, ma farei grande attenzione in particolare per Christoph Waltz, attore austriaco semisconosciuto da noi, prova ancora una volta del fatto che conosciamo pochissimo del cinema europeo), grande rivelazione di questo film.
Tarantino conduce le danze in modo splendido (rendendo omaggio a Enzo Castellari senza per questo avere la minima intenzione di realizzare un remake), mescolando insieme diversi generi. Il film inizia infatti come un western e continua come un film di guerra, per poi passare allo storico, alla commedia, al gangster movie e al melodramma, e perfino al documentario, che ogni tanto “spiega” allo spettatore un fatto particolare.

In merito al suo “Bastardi senza gloria”, lo stesso Quentin Tarantino ha commentato:
“In un film tutto è possibile, anche far finire una guerra di colpo e di colpo togliere di mezzo i grandi criminali al potere; il cinema ha questa grande forza, far riflettere su come un solo gesto, una sola persona, potrebbero cambiare la storia. Il nazismo ormai è diventato un genere cinematografico come lo spaghetti western, il war movie, il thriller, il comico, la spy story: io li ho mescolati tutti insieme per uscire dai canoni banali con cui viene troppo spesso raccontata la seconda guerra mondiale”.
E per concluderla come nel film, Sai che ti dico, Quentin? Questo potrebbe essere il tuo capolavoro...

Voto: 9

The Prestige

Un'amicizia che sfocia in rivalità, una rivalità che da vita ad una sfida ossessiva tra due giovani apprendisti maghi, Robert Angier (Hugh Jackman) e Alfred Borden (Christian Bale).
Ambientato nella Londra del 1899, The Prestige è un film complesso, emozionante e sempre coinvolgente grazie ad un ritmo in costante crescendo e un finale tanto sorprendente quanto ricco di spunti di riflessione. La complessità del film è presente su vari livelli; prima di tutto quello narrativo: Il film comincia dalla fine, ricostruendo la vicenda a ritroso, ma mai in maniera lineare, inoltre si intersecano flashback e flashforward, si ripropongono episodi uguali osservati però da punti di vista molteplici. Le chiavi di lettura della trama sono estremamente varie, mai banali e soprattutto molto attuali: la distinzione tra realtà e illusione, l'analisi di quale delle due abbia un ruolo più importante nella vita di tutti i giorni, il rapporto/scontro tra magia e scienza, il desiderio di emergere che finisce con il diventare prevaricazione, la semplicità con cui un semplice desiderio diventi un'ossessione, il sacrificio delle amicizie, dell'amore, della famiglia e perfino di sè stessi come prezzo da pagare per raggiungere l'obbiettivo prestabilito. Una regia, quella di Christopher Nolan, sicura, avara di virtuosismi e che non concede cali di tensione e una sceneggiatura solida aiutano a non perdersi nella ricchezza che il film ci regala per tutta la sua durata. Alla fine tutti i tasselli, anche quelli apparentemente più insignificanti, vanno al posto giusto e lo spettatore non può fare altro che lasciarsi travolgere e stupire. A rendere ancora più affascinante la confezione contribuiscono le scenografie e la fotografia splendide, sospese tra un alone di magia ed oscuro mistero, effetti visivi ottimi e sempre funzionali. Nolan, oltre che ottimo narratore, si mostra anche grande direttore attoriale, riuscendo ad ottenere il massimo da tutti i suoi protagonisti. Jackman e Bale oltre a sfidarsi sullo schermo, competono per chi dei due sia il migliore del cast. Michael Caine è sempre raffinato, simpatico e impeccabile, Rebecca Hall dolce e ingenua, Scarlett Johannson brava, anche se il suo è solo un ruolo di secondo piano. Ottima prova anche per David Bowie, nel ruolo di Nikola Testla, che pur rimanendo in scena per non più di venti minuti, da sfoggio di un carisma attoriale veramente straordinario, da far invidia a tanti giovani pivelli di Hollywood. Un film fantastico, in tutti i sensi.

Consigliato: Si, assolutamente da non perdere
Voto: 8

Parnassus - l'uomo che voleva ingannare il diavolo



Consigliato: Assolutamente si

Terry Gilliam è da tempo considerato come uno dei registi più visionari e creativi che il panorama del cinema mondiale abbia mai conosciuto. Con questo nuovo film, non ha fatto altro che contribuire a darcene la prova ancora una volta.
"Parnassus - l'uomo che voleva ingannare il diavolo", non è solo un film, è la pura essenza del cinema. E credo che poche, pochissime, siano state le pellicole in grado di farmi dire una frase del genere.
Mi piace definire il cinema come mezzo, o meglio, forma d'arte attraverso la quale veniamo a conoscenza di una storia qualunque raccontata da un determinato punto di vista. Ma il cinema è anche il più riuscito strumento attraverso il quale è possibile conoscere nuovi orizzonti e universi. In "Parnassus", esso è ben rappresentato dallo specchio immancabilmente presente al centro del "teatrino mobile" durante ogni spettacolo: se ci limitiamo a osservarlo da lontano, esso riflette semplicemente la comune realtà, ma se invece ci passiamo attraverso, esso è in grado di farci sperimentare qualcosa di unico e meraviglioso, un'estasi indescrivibile a parole.
Tornando al film, comunque, non aspettatevi di capirci qualcosa. Già, perchè la trama non è che sia complessa, confusa o sconnessa: è semplicemente priva di un senso logico. Quindi se provate, una volta usciti dalla sala, a ricostruire gli avvenimenti cercando di trovarci un filo conduttore perdete solo tempo. Questo è un film che va accettato per come si presenta, l'unica cosa che lo spettatore è tenuto a fare è lasciarsi travolgere dalla straordinaria forza delle immagini, donateci da Terry Gilliam in modo meraviglioso.
Per quanto riguarda l'interpretazione degli attori non c'è molto da dire: un Heath Ledger splendido e perfetto per il ruolo di Tony, conferma ancora una volta di quanto il cinema abbia perso con la sua prematura morte. Johnny Depp magnifico anche nei pochi minuti di apparizione, e lo stesso si può dire per Colin Farrel, ma non per Jude Law, a mio avviso un po' sotto tono rispetto agli altri, forse perchè il ruolo non gli si addice molto. Ottimo Christopher Plummer, e brava anche Lily Cole, che da prova di un incredibile fascino, e che con questo film da una bella spinta alla sua carriera cinematografica.
Gilliam è riuscito a realizzare un omaggio davvero speciale all'attore scomparso, perché questo suo film è un inno alla vita e all'immaginario che debbono poter vincere nonostante tutto, anche nonostante i lati oscuri delle fantasie che ci pervadono. È un gioco di alto equilibrismo sulla corda tesa della fantasia ciò che ci viene proposto. Gilliam è da sempre Parnassus. Non è immortale, ma la sua inesauribile voglia di immagini che non offuschino la fantasia, come spesso accade, ma la spingano ad aprirsi a nuovi orizzonti è rimasta intatta con il trascorrere degli anni e, grazie agli sviluppi della tecnologia, ha trovato nuovi materiali sui quali basarsi. Il bambino che è in Terry è più vivace che mai, conosce la luce e il buio, la felicità e la paura e aspetta che passiamo a trovarlo. Vive sul carro del Dottor Parnassus.
Un film bellissimo, da guardare con la mente spalancata.

Voto: 8,5

La Coppia degli Orrori: Johnny Depp - Tim Burton

Uno è un attore straordinario, una star internazionale, considerato da molti uno dei più bravi, talentuosi ed influenti personaggi del cinema d'oggi; l'altro è un regista visionario dalle grandissime capacità che attira milioni di fan grazie a quel suo specialissimo tocco caratteristico, un insieme di horror, macabro e fantastico mixato in modo accattivante e presente immancabilmente in ogni suo film. La coppia Depp-Burton sembra non smettere mai di stupire inventando nuove ed efficaci storie, sempre più geniali e originali.
In un intervista Depp rivela:"La maggior parte delle persone rimane sconcertata quando sentono Tim che mi impartisce direttive o quando parliamo del personaggio sul set. Loro non sanno di quel che parliamo, in realtà. E' semplicemente una di quelle cose che non si possono chiedere, ma sono sicuro che verranno amate".


Insieme hanno lavorato a capolavori come:
  • Edward mani di forbice (1990)
  • Ed Wood (1994)
  • Il mistero di Sleepy Hollow (1999)
  • La fabbrica di cioccolato (2005)
  • La sposa cadavere (2005)
  • Sweeney Todd (2007)
E prossimamente li vedremo inmpeganti in:
  • Alice nel Paese delle meraviglie (2010)
  • Dark Shadows (pronto per il 2011)

Be Kind Rewind - Gli Acchiappafilm

Si può dire che sia un vero atto d’amore per il “fare cinema” l’ultimo film di Michel Gondry: non tanto per il cinema in sé, quanto per il processo di creazione di un’opera cinematografica, quel momento in cui l’immaginazione deve concretizzarsi nei fatti e trovare soluzioni sempre nuove, rinnovando e adattando costantemente la propria sensibilità. Perché creare, con le mani, con materiali di scarto, o con qualunque cosa capiti a disposizione, è il fulcro della poetica di un regista che, dopo film come Eternal Sunshine e L’arte del sogno, sembra allargare il suo sguardo alla storia recente e passata dello stesso mezzo con cui si esprime. Be Kind Rewind diventa così un omaggio insieme appassionato e sarcastico ai capolavori del cinema e ai blockbuster, attraverso un’operazione di “remake” artigianale che li riduce alle componenti essenziali, ne svela l’artificiosità o il valore, ne celebra il fascino fanciullesco e il seducente magnetismo che esercitano sull’immaginario collettivo. E Gondry lavora proprio su questa dimensione: noi spettatori proviamo piacere e soddisfazione nel riconoscere le sequenze celebri di King Kong o Ghostbusters replicate in economia di mezzi, mentre i protagonisti provano piacere a interpretarle, a reinventarle; ovvero, ad abbandonare le vesti di pubblico passivo per assumere lo status di autori. E allora può succedere che in un quartiere dimenticato dal mondo, in una città in cui Hollywood non passerebbe neppure per sbaglio, un’intera comunità si riscopra unita e solidale nel buio di una sala improvvisata, quando si raggiunge l’apoteosi, e forse anche la conclusione, della straordinaria esperienza di creazione collettiva. Un attimo colmo di dolcezza e di ambiguità che non vuole chiudere il cerchio né offrire soluzioni pronte all’uso, ma cambia volto a una storia giocata in prevalenza sui toni della commedia demenziale-surreale. La fantasia di Michel Gondry declinata in forme sorprendenti: DA VEDERE.

Consigliato: Si
Voto: 7,5

Gone Baby Gone


Ben Affleck si sposta e passa dietro la macchina da presa e lo fa scegliendo un soggetto molto difficile da trattare, la violenza sui bambini.
Si affida al romanzo "La Casa Buia" di Dennis Lehane (già autore di Mystic river) e insieme ad Aaron Stockard ne scrive la sceneggiatura.
Protagonisti della pellicola sono due detective privati Patrick ed Angie a cui viene chiesto di indagare sulla scomparsa di Amanda, una bambina di 4 anni con una madre tossicodipendente.
La vicenda si svolge in un quartiere malfamato di Boston, ben conosciuto dai due investigatori che lì sono cresciuti e che conoscono tutti ed è proprio il quartiere, la sua vita e le facce dei suoi abitanti uno degli aspetti più interessanti e ben costruiti del film.
Ben Affleck si rivela un attento conoscitore di quella zona e delle sue miserie, il degrado morale e materiale viene mostrato con sapienza, la camera si muove sicura su quei volti lontani mille chilometri dalle belle facce imberbi di Hollywood.
E anche la scelta della faccia da bravo ragazzo di Casey Affleck si rivela vincente, ottimo attore, riesce a rendere le tante sfumature del suo personaggio. Patrick non è solo il protagonista della vicenda è il perno morale ed etico attorno al quale gira tutta la storia, saranno le sue scelte a porre le domande più difficili e spinose. Qui il bene e il male non sono definiti in modo monolitico e nessuno si può definire innocente o giusto, tranne ovviamente i bambini.
La storia è emotivamente molto forte, ma Affleck è sempre attento a trattare questi temi con pudore, non c’è mai voyeurismo, né immagini shockanti, qui lo stile asciutto di Clint Eastwood ha fatto fortunatamente scuola.
Purtroppo dopo due terzi della narrazione Ben Affleck abbandona il ritratto ambientale e il degrado sociale per concentrarsi unicamente sulla trama gialla. La necessità di spiegare la vicenda di Amanda nel modo più chiaro possibile rende il finale troppo lungo, caratterizzato da una serie interminabile di confronti e spiegazioni tra i vari personaggi.
Nell’insieme “Gone baby gone” è un buon film e ci mostra un regista emergente che potrà sicuramente in futuro fare un ottimo lavoro.

Consigliato: decisamente si
Voto: 7

Angeli e Demoni


Dopo Il Codice da Vinci, Tom Hanks reindossa i panni di Robert Langdon, studioso di simbologia di Harvard chiamato a risolvere un altro mistero in bilico tra logica e religione con l’aiuto di Vittoria Vetra (Ayelet Zurer), una scienziata di origini italiane.
Lo scenario non è più Parigi, ma Roma, location che permette al regista Ron Howard di concedersi qualche svago in più rispetto al film precedente, con un montaggio serrato, fortemente funzionale allo sviluppo narrativo, muovendosi tra chiese, piazze e piani suggestivi.
Il risultato? Un film discreto, anche se pieno di incongruenze ed errori sicuramente evitabili.
Molto probabilmente il talento di Mr. “Forrest Gump” è forse eccessivo per un ruolo che non richiede una grande capacità interpretativa, decisamente poco disposto ad infiltrarsi nella psicologia interiore del personaggio.
Convincente comunque praticamente tutto il resto del cast. Fa molto piacere notare come anche in America si siano accorti del talento cristallino del nostro Pierfrancesco Favino, che se la cava sicuramente in quella che sembra una progressiva salita.
Non manca poi di certo l'adrenalina e la suspense, ingredienti che attirano sempre lo spettatore anche meno affamato, per il quale la realtà conta fino ad un certo punto.
In bilico tra blasfemia e semplice provocazione, "Angeli e Demoni" si rivela un film godibile ed interessante, soprattutto se visto col giusto atteggiamento.

Consigliato: si
Voto: 6,5

Cooming Soon

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